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Vecchi dipendenti fanno formazione a neo assunti

Nell’era della conoscenza, i giovani escono dalle università con bagagli di competenze sempre più pesanti. Eppure, una volta fuori dalle aule, si scontrano con un muro insormontabile: la richiesta di esperienza lavorativa. Si erge così un paradosso grottesco che vede da un lato, una gioventù pronta a fare il primo passo nel mondo del lavoro; dall’altro, un mercato lavorativo che apre le porte solo a chi vanta anni di esperienza alle spalle. Un circolo vizioso che rischia di stroncare le ambizioni dei giovani e di frenare la crescita del Paese.

I dati ISTAT riferiti al tasso di disoccupazione giovanile in Italia sono lampanti: nel 2023 più del 22% degli under 27 non ha trovato un impiego nei primi anni dopo la fine degli studi. Fortunatamente esistono realtà che offrono soluzioni concrete a questa inarrestabile contraddizione, a proprie spese.

È il caso di Marer Srl, azienda meccanica di Curno specializzata in stampaggio a freddo per la produzione di viti speciali destinate a diversi settori, che da sempre crede nei giovani e investe ingenti capitali per la loro formazione. “Non sono solito richiedere ai giovani esperienza minima, perché comprendo la difficoltà nel poterla maturare e, purtroppo, sul territorio non sono presenti scuole che formino attrezzisti montatori in grado di progettare un’attrezzatura per macchinari come i miei, che stampano dai 150 ai 400 pezzi al minuto” spiega Alessandro Cassotti, proprietario di Marer insieme alla sorella Domenica: “I neolaureati sono ingegneri esperti nei calcoli matematici, ma le macchine per lo stampaggio ad alta velocità necessitano dell’abilità e dell’esperienza dell’operatore. Quella del lavoratore esperto è una figura che non possono ricoprire i giovani”.

Per fronteggiare questo problema ci sono alcune aziende che hanno la possibilità di realizzare al proprio interno una scuola di formazione, gestita da vecchi dipendenti oramai in pensione che si dedicano alla preparazione dei neo assunti: “Questa è una soluzione molto efficace, perché permette in un solo anno di avere a disposizione un elevato numero di giovani competenti, formati in loco. L’intoppo consiste nel fatto che per poter adoperare questa soluzione è necessario disporre di un elevato capitale fermo e acquistare stampatrici a freddo che non possono essere usate per produrre ma solo destinate alla formazione e che costano un milione e mezzo di euro l’una. È una strategia che in pochi possono adottare” dichiara Cassotti, che illustra poi i progetti di formazione da lui messi in atto, per sopperire al dilagante problema dei giovani senza esperienza.

“Ho deciso di formarli nella mia azienda. Per farlo li affianco al personale esperto e consento loro di fare pratica sui macchinari già operativi. Questo comporta per me molti svantaggi, da un notevole rallentamento della produzione a elevatissime spese da sostenere. Inoltre, se nelle scuole delle grosse aziende il periodo di formazione è pari ad un anno soltanto, con questa modalità si prolunga fino a 2 o 3, durante i quali il dipendente che viene istruito percepisce regolare stipendio senza che possa, però, produrre lavoro per l’azienda; devo anche finanziare tutti i vari corsi di sicurezza previsti dalla legge e questo implica per me costi molto alti prima che il dipendente sia completamente autonomo” conclude. 

Secondo uno studio della International Labour Organization (ILO), le aziende che investono nella formazione dei giovani dipendenti registrano un aumento della produttività del 20-30% nei primi due anni di lavoro. Inoltre, questi investimenti riducono i tassi di turnover, poiché i dipendenti ben formati sono più propensi a rimanere con l’azienda. Esiste comunque il rischio
che i frutti del lungo lavoro vengano beneficiati da altre aziende, nel caso in cui il lavoratore decidesse di licenziarsi. Dunque, il problema dei ragazzi a cui manca l’esperienza lavorativa è più che mai attuale.

Uno studio della Fondazione Bertelsmann stima che la disoccupazione giovanile costi all'Unione Europea circa 153 miliardi di euro all'anno in termini di sussidi, mancati guadagni e perdite di produttività. Questo dato sottolinea l'urgenza di trovare soluzioni efficaci. Serve un impegno congiunto da parte di istituzioni, aziende e mondo accademico per creare un ponte tra le esigenze del mercato del lavoro e le aspirazioni dei giovani.

“Le risoluzioni potrebbero essere molteplici: servirebbero scuole in grado di formare i ragazzi, in modo che a fine studi possano già essere produttivi; questo accorcerebbe i tempi di formazione e diminuirebbe i costi. Anche lo Stato dovrebbe sostenere di più le aziende che investono sugli under 27, ad esempio finanziando i costi dei numerosi corsi obbligatori o dei cosiddetti macchinari muletto, che costano un milione e mezzo di euro su cui i giovani fanno pratica, evitando così di rallentare la produzione” propone Cassotti.

Che conclude: “Io credo moltissimo nella formazione dei ragazzi perché penso che il futuro sia nelle loro mani. Continuo a investire su di loro e penso che tra una decina d’anni l’intelligenza artificiale potrebbe diminuire notevolmente tempi e costi di apprendimento, col rischio però di dover interamente riorganizzare il reparto produzione e sostituire tutti i vecchi macchinari”.