• Non sono presenti suggerimenti perché il campo di ricerca è vuoto.

Selezione del personale: gli strumenti che ogni azienda dovrebbe usare per valutare la GenZ

La Generazione Z ha una visione nuova del mondo del lavoro, competenze ed aspettative uniche. Questo rende difficile la selezione del personale giovane e l'assunzione, ma non andate nel panico: è possibile, per le aziende, adottare degli strumenti utili ad una giusta valutazione del talento giovanile.

Ma perché è importante? Secondo Il Sole 24 Ore, entro il 2030 la Generazione Z sarà rappresentata da un terzo dei lavoratori. Secondo un'analisi LinkedIn del 2023, si tratta di una generazione che, ad oggi, cambia lavoro ad un tasso del 134%. Numeri che ci permettono di capire quanto sia importante, per un'azienda, trovare una strategia che permetta di selezionare in maniera efficace i giovani lavoratori, nella speranza che siano i profili giusti.

Per capire come è utile muoversi in questo ambito, abbiamo chiesto a Cristian Molinari, talent manager di W Group e Maw: un esperto di talenti giovanili e di quali strategie le aziende possano adottare per valutarli per compiere un'efficiente assunzione del personale. Una persona che, per lavoro, unisce le ambizioni delle aziende con quelle di chi cerca un lavoro.

I colloqui frontali non bastano: serve più interazione

<<In dieci minuti di colloquio frontale, le capacità dei talenti che le aziende si trovano di fronte, non emergeranno mai - spiega Cristian Molinari -. Perché un giovane dovrebbe mettersi in gioco con un'azienda? Manca la consapevolezza della partecipazione al mondo del lavoro. Se tu partecipi, crei il mondo. Nelle nuove generazioni questa cosa viene meno, si dà tutto per scontato. Se in quei dieci minuti, anziché proporre un colloquio frontale, si applica una metodologia di interazione dove il giovane è al centro, il paradigma cambia. Dieci minuti non bastano ovviamente. Serve il giusto tempo. Se parliamo di primi incontri, un quarto d'ora minimo tra 'giocare' e parlarsi. Se sono incontri più strutturati per far capire i processi, si deve ragionare su 45 minuti, un'ora>>.

E quindi? Diventano fondamentali dei format alternativi al colloquio classico. <<Facciamo incontri ai ragazzi delle scuole - prosegue Molinari -. Vengono sparsi sul tavolo oggetti e processi aziendali e chiediamo ai giovani candidati di metterli in ordine. Ad esempio, un'azienda che imbottiglia e commercia bevande. Il suo processo è: bottiglia vuota, lavaggio, riempimento, tappatura ed inscatolamento. I giovani, riordinando i passaggi aziendali, iniziano a comprendere il processo. Una volta messa a posto la filiera, il referente aziendale inizia a fare domande sugli imprevisti, chiede ai giovani come reagirebbero. Durante il gioco c’è divertimento e sfida anziché stress e pregiudizio, più dopamina che cortisolo, uno scenario utile per la memoria, oltre ad un momento piacevole per le persone coinvolte. Lo studente non ha la resistenza di dire: 'Non mi interessa di come venga imbottigliata la bibita, la trovo al supermercato', il giovane lo vive come un mettersi in gioco. Capisce l'importanza del processo dell'azienda che ha davanti>>.

Metodologie diverse per candidati diversi

Non esiste una tecnica di recruiting perfetta perchè, se ogni persona è diversa, possono servire degli stimoli differenti che permettano di far emergere le capacità del candidato. Ma allora, come può un'azienda sapere come si deve comportare se il profilo del candidato ancora non lo conosce?

<<Il punto è capire cos'è importante per l'altra persona ed esprimerlo con un linguaggio comune - spiega Molinari - non più raccontare quanti soldi prendi, ma come l'azienda si prende cura di te per esempio. Questa è un’evidenza che emerge da diversi studi statisti sulle generazioni, evidenziando come percezioni e bisogni possano differenziarsi, ad esempio tra Gen Z e Millennials>>. 

Nuovi bisogni? Deloitte conferma

Non è quindi solo una questione di stipendio. Il Deloitte Survey 2024 lo conferma a più riprese. <<L’ingresso della GenZ e dei Millennial nel mondo del lavoro ha portato con sé grandi cambiamenti per quanto riguarda la cultura interna e l’organizzazione delle imprese - spiega Paolo Galletti, Chief Human Resources Officer e People and Purpose Leader di Deloitte -  tra le evidenze dell’ultima edizione della nostra survey vi è il consolidamento di alcuni trend già emersi nelle ultime edizioni: per GenZ e Millennial il work-life balance, la salute mentale e la possibilità di lavorare da remoto sono ormai considerati priorità quando si sceglie un datore di lavoro. Grande importanza è attribuita anche al “purpose”, ovvero all’insieme di valori che caratterizzano l’azienda di cui si fa parte e che danno al professionista “un senso” che va al di là della retribuzione economica. Per i giovani il “purpose” ha un valore e un ruolo molto più significativo di quello che veniva attribuito dalle generazioni precedenti>>.

La figura dell'HR non può rimanere sempre uguale nel tempo

<<È fondamentale chiedersi: un Gen Z come vede il mondo del lavoro? Trovata quella risposta, si ragiona su cosa mostrargli nel suo linguaggio, non nel nostro>> spiega Molinari. Ma quindi, il responsabile risorse umane deve aggiornarsi continuamente e cambiare costantemente il modo di eseguire il colloquio?

<<Le aziende possono adottare lo stesso punto di vista che adottano per il business. Le esigenze del mercato cambiano e cambia la produzione. Un cliente è la stessa persona che può essere un dipendente. I sistemi sociali si evolvono>>. È importante, quindi, riuscire ad adattarsi a quelli che sono i cambiamenti generazionali, così come ci si adatta alle richieste del mercato e si modifica la produzione. Per avvicinare i giovani al mondo del lavoro, capire il talento di ognuno, serve più interazione, di modo tale che il mettersi in gioco mostri le capacità.

Conclusioni

<<Siamo tutti portatori di talento. Il discorso è capire chi lo voglia usare. Come si può spronare una persona a metterlo in gioco, farlo fruttare. Anziché capire chi è più bravo nel disegno meccanico, cerchiamo di stimolare l'interesse nel disegno meccanico. È quello il paradigma>> racconta Molinari.

Stimolare l'interesse nel disegno meccanico, come in qualsiasi altra cosa, ricorda un po' il 'gioco' del colloquio che abbiamo raccontato prima, l'interazione che c'è tra azienda e candidato. Il colloquio frontale, oltretutto dalla durata di pochi minuti, è difficile che faccia emergere quelli che sono i talenti della Generazione Z.

E Cristian Molinari ci racconta di come i risultati si vedano: <<È utile rendere i giovani consapevoli di cosa c'è dietro alla realtà che loro vivono. Lo facciamo ai nostri eventi, dove le aziende convertono il processo aziendale in un gioco e la Gen Z gioca. Per i giovani è un qualcosa di naturale e si avvicinano inconsapevolmente al mondo aziendale. Dai nostri feedback, emerge una maggior comprensione della Gen Z di quello che è il lavoro. Durante i nostri Talent Park abbiniamo il gioco ad un sistema di matching dove studenti e imprese si votano a vicenda, questo ci permette di partire dall’feedback, unendolo al “test delle competenze” fatto attraverso il gioco. Alla Gen Z piace, c'è maggior comprensione del mondo del lavoro e sono diverse le aziende che, insieme a noi, hanno scelto di mettersi in gioco con questo format>>.