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Il dress code in ufficio messo in discussione dalla Gen Z

“Cosa dovrei indossare quando vado in ufficio?”. Se fino a qualche anno fa la risposta appariva scontata, oggi ce lo chiediamo in modo provocatorio per far notare che non lo è più: l’avvento dello smart working e l’ingresso dei Millennials e della Gen Z nel mondo del lavoro hanno innescato un grande cambiamento nel dress code degli ambienti lavorativi, dando priorità al comfort e all’espressione di sé. Lo dimostra una recente indagine di Randstad USA, dalla quale emerge che il 72% dei lavoratori predilige un abbigliamento comodo nelle lunghe giornate lavorative in ufficio. Addirittura, il 33% degli intervistati sarebbe pronto ad abbandonare il proprio posto di lavoro se gli venisse imposto un dress code più formale, al quale ormai non sono più abituati.

I precursori

Non si tratta di un trend completamente nuovo: già nel 2018, giganti come Goldman Sachs e JP Morgan si sono fatti portatori di questa tendenza innovativa, con l’obiettivo di offrire un contesto lavorativo in linea con i valori delle nuove generazioni, diventando così più attrattivi per i giovani talenti. L’obiettivo era chiaro fin dall’inizio: “Cambiare la natura dei posti di lavoro a favore di un ambiente più casual” con l’obiettivo di “rendere le politiche della banca al passo con i tempi per la sua forza lavoro più giovane”.

La pandemia e lo smart working

Il nuovo corso inaugurato dai precursori si è affermato in modo sempre più marcato con le trasformazioni geopolitiche e sociali che hanno colpito il nostro pianeta a partire dal 2020. Con la pandemia si sono imposti lo smart working e il lavoro flessibile, che hanno portato con sé una nuova normalità, caratterizzata da giornate trascorse davanti al computer indossando indumenti confortevoli, alla ricerca di un nuovo benessere da ricostruire nell’ambiente di casa. Secondo una survey condotta da IWG, il 79% dei lavoratori hybrid ha cominciato a vestirsi in modo diverso come conseguenza degli ambienti lavorativi più flessibili.

Millennials e Gen Z

Mentre in epoca pandemica nelle case di tutto il mondo i lavoratori sperimentavano la comodità di trascorrere la giornata adottando un dress code decisamente più rilassato, anche gli uffici e i luoghi di lavoro hanno intrapreso un graduale ma inesorabile processo di cambiamento. Il trend è stato innescato dalle start up e dalle aziende del settore tech, che hanno visto una grande diffusione negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi città come Milano e Roma, dove non è raro imbattersi in lavoratrici che preferiscono un paio di semplici sneakers alle scarpe con il tacco, o in lavoratori che hanno lasciato nell’armadio i pantaloni eleganti e decidono di indossare un paio di jeans. “Queste generazioni – commenta Wasantha Warnasuriya, nota Workplace Strategist - valorizzano l’individualità e la diversità, e questo si estende alle loro scelte di abbigliamento. Tatuaggi, piercing, capelli colorati e abbigliamento non tradizionale sono spesso visti come espressioni di identità, anziché come distrazioni dall’attività professionale”. Per questo motivo numerose realtà aziendali hanno adottato codici di abbigliamento meno stringenti, cercando di favorire la comodità dei dipendenti senza rinunciare, naturalmente, alla professionalità.

L’immagine delle aziende

Questa nuova tendenza condiziona anche il modo in cui le aziende si presentano al pubblico e ai loro potenziali candidati in sede di colloquio. Dare alle proprie risorse la possibilità di vestirsi assecondando il proprio gusto e il proprio modo di essere, senza compromettere la propria figura professionale, è diventato un elemento importante del pacchetto di welfare che l’azienda può offrire ai suoi dipendenti. E’ importante che le aziende trasmettano un messaggio alle generazioni più giovani: un messaggio di autenticità e valorizzazione della diversità, di flessibilità e attualità, che passi anche attraverso lo stile personalissimo di ogni lavoratore.