Solo il 14% dei giovani italiani afferma di svolgere il proprio lavoro ideale. Flessibilità e conciliazione? Un must have insieme ad una buona retribuzione. Sono questi alcuni dei temi emersi dal sondaggio realizzato da NotoSondaggi (commissionato da «Il Sole 24 Ore») che l’Osservatorio Delta Index riscontra quotidianamente nell’analisi dei dati provenienti dalla aziende.
Una ricerca che ha preso come campione la popolazione tra i 18 e i 34 anni, residente in Italia e disaggregata per genere. Un terzo degli occupati vuole cambiare lavoro e la metà lo farebbe a causa dello stipendio. Il dato che colpisce tra tutti? Il 40% dei giovani con un’occupazione crede sia difficile riuscire a trovare in futuro il proprio lavoro ideale.
Meglio non chiederlo ai giovani italiani: solo il 14% ammette di svolgere già il proprio lavoro ideale mentre quattro giovani su dieci concordano sulla difficoltà nel poter svolgere il lavoro desiderato in futuro. Una rassegnazione da parte dei giovani o una loro grande capacità camaleontica di adattarsi alle leggi imposte dal mercato? Difficile da stabilire ma, da quanto emerge dal sondaggio realizzato per “Il Sole 24 Ore”, questo dato riguarderebbe proprio coloro che hanno già un’occupazione. Esistono infatti non poche differenze tra coloro che hanno già sperimentato il mondo del lavoro e i giovani che al momento sono senza un’occupazione ma la costante rimane sicuramente lo stipendio. La retribuzione è infatti il motivo principale per il quale i giovani tra i 18 e i 34 anni rifiutano un lavoro o, se già impiegati, si guardano intorno alla ricerca di un nuovo impiego (57%). Sebbene il dato sia alto lo stipendio non sarebbe l’unico motivo che spinge i giovani a credere di non riuscire a svolgere il proprio lavoro ideale nel futuro.
La retribuzione è dunque considerata il fattore principale per cui accettare o meno una posizione lavorativa e per il 57% dei giovani è un motivo per cambiare lavoro. Nel caso di coloro che hanno un’occupazione il 34% degli intervistati dice che sta cercando di cambiare lavoro o società e, tra questi, il 50% afferma che questa decisione è legata alla paga sotto le proprie aspettative.
Sempre in merito allo stipendio il 71% degli intervistati con un’occupazione dichiara di avere un guadagno mensile netto fino a 1.500 euro e un lavoratore su quattro guadagna non più di mille euro al mese. Nel caso di coloro che sono disoccupati, la maggior parte, ovvero il 66% afferma di aspirare a un compenso di almeno 1.250 euro al mese.
Un dato importante che segna un divario tra aspettative e realtà lavorativa è il dato dei giovani in cerca di lavoro che aspirano a uno stipendio tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese mentre almeno il 25% dei loro coetanei con una posizione lavorativa ha accettato una paga inferiore.
L’ultimo dato citato mostra un primo segnale di adattamento alle leggi del mercato da parte dei giovani che hanno già sperimentato una o più posizioni lavorative. La retribuzione, pur restando il principale fattore di valutazione da parte dei giovani, non è l’unico fattore che incide nella scelta di una posizione lavorativa.
Gli occupati tra i 15 e 29 anni sono tre milioni e per l’87,4% sono lavoratori dipendenti. In particolare i giovani tra 18 e 34 anni hanno per il 55% un contratto a tempo indeterminato. Inoltre due giovani lavoratori su tre non fruiscono dello smart working mentre il 33% afferma di poter lavorare in modalità agile totale o parziale.
Buoni risultati invece con la formazione in azienda nella propria esperienza lavorativa: il 53% dei giovani lavoratori esprime soddisfazione verso l’azienda in cui lavora che investe nella formazione dei dipendenti. I dati dei giovani occupati si scontrano con le aspettative dei disoccupati e di coloro che sono in cerca di lavoro.
I giovani disoccupati mostrano un'idea del lavoro diversa da quella descritta precedentemente da coloro che ricoprono una posizione lavorativa. Un dato sicuramente importante è che il 48% dei disoccupati sta cercando un’occupazione da più di un anno e, nella fascia tra 18 e 24 anni, il dato sale a quota 62%.
Numeri che fanno riflettere e dividono i giovani tra una scarsa offerta lavorativa in rapporto alla loro richiesta ma anche in merito alla volontà dei giovani di voler cercare una posizione lavorativa che risponda alla loro concezione di lavoro che è ben diversa da quella descritta sopra. Quattro disoccupati su 10 vorrebbero infatti un lavoro full time ma, nella fascia di età 25-34 anni, il dato scende al 30% e prevale nettamente la quota dei giovani che aspirano a un lavoro da dipendente (80%) rispetto all’avvio di un’attività autonoma.
Oltre alla retribuzione, i disoccupati dichiarano anche un altro motivo per cui non hanno accettato un’occupazione: il 17% dei giovani afferma di aver rifiutato una proposta lavorativa a causa della proposta di un ruolo minore rispetto a quello per cui si era candidato. Il tema della conciliazione dei tempi di lavoro e vita privata resta però la questione principale tanto da essere parte dell’agenda istituzionale, nazionale ed Europea.
Se oggi un giovane della GenerazioneZ pensa alla flessibilità lavorativa entra subito in gioco lo smart working: una modalità di lavoro amata dalla GenZ ma che non mette tutti d'accordo.
Per la GenerazioneZ (18-24 anni) lo smart working è una modalità sempre più richiesta infatti il 46% dei disoccupati accetterebbe solo l’ipotesi di lavorare in smart working totale o parziale. Un dato che scende al 28% tra i millennials (25-34 anni) in cui due disoccupati su tre accetterebbero anche di lavorare sempre in ufficio e mai da casa. Sebbene gli anni di differenza tra queste due generazioni siano davvero pochi, oggi si assiste a un vero e proprio scontro tra titani in cui da un lato troviamo le aspettative dei più giovani e dall’altro le reali condizioni imposte dal mercato e accettate più volentieri dai Millennials. Tendenzialmente, proprio questi ultimi, risultano più inseriti nel mondo del lavoro e, arrivando da diverse esperienze, sono più sintonizzati sull’attuale frequenza del mondo del lavoro e delle reali offerte di mercato.
La situazione è piuttosto definita: i più giovani (GenZ) sono alla ricerca di una stabilità lavorativa ma allo stesso tempo necessitano di flessibilità e nei tempi e negli spazi di lavoro. Al contrario il 37% dei Millennials in cerca di occupazione prenderebbe in considerazione anche una posizione precaria e con meno flessibilità spazio-temporale, una condizione che sarebbe accettata solo dal 16% dei più giovani.
Il vocabolario del lavoro della GenerazioneZ vede necessari termini come part time, smart working e equilibrio tra lavoro e vita privata che devono essere assolutamente conciliati. Quelle della GenerazioneZ sono aspettative che contrastano la reale situazione lavorativa vissuta dai coetanei occupati.
Un dato che risulta nettamente positivo è legato invece al tasso di disoccupazione giovanile ossia tra i 15 e i 24 anni che si attesta al minimo storico degli ultimi 20 anni a quota 18,3%. Pertanto, il tema della disoccupazione giovanile e del conseguente tasso di disoccupazione è un dato prettamente legato al divario tra domanda e offerta. Infatti il tasso di disoccupazione, come precedentemente detto, è notevolmente diminuito negli ultimi anni ma è un dato che resta legato alle modalità lavorative e riguarda per lo più l’aspetto delle condizioni lavorative e delle competenze dei giovani lavoratori.
Il tasso di disoccupazione giovanile che -ripeto- è positivamente diminuito, mette ancora più in luce il divario esistente tra aspettative e realtà lavorativa. Il mondo del lavoro e l’approccio dei giovani alla realtà lavorativa è cambiata notevolmente negli ultimi anni aprendo nuove strade e creando nuove aspettative nei giovani lavoratori.
In tutto questo susseguirsi di cambiamenti da parte dei giovani verso un mondo lavorativo che cerca di mutare il meno possibile sorge spontanea una domanda: saranno i giovani lavoratori a portare a termine una rivoluzione nel mondo del lavoro già avviata o le leggi del mercato avranno la meglio e i giovani dovranno adattarsi ad esse?
In mezzo a questi due poli in questo momento ci sono i millennials che, pur aspirando a flessibilità e conciliazione, si sono dovuti adattare alle proposte lavorative del mercato ma lasciando una questione aperta che è quella con cui si è aperto questo articolo: l’idea di svolgere il proprio lavoro ideale è vista come difficile perché ci si adatta all’offerta proposta dal mercato o perché, pur di soddisfare le esigenze richieste dai giovani loro stessi sono disposti a svolgere un lavoro che non desiderano?
Forse è proprio il mercato del lavoro che tenta di piegare i giovani a proprio piacimento e, a sua volta, è piegato dagli stessi giovani che sono disposti anche a rinunciare al lavoro desiderato pur di soddisfare i requisiti per loro necessari per poter accettare una proposta lavorativa.