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Aziende alle prese con la sfida del 2025: trattenere i giovani. Il 40% degli italiani, Gen Z in testa, vuole cambiare lavoro (e il 21% è in forse).

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La sfida della talent retention è una gatta da pelare per qualsiasi azienda voglia crescere nel tempo e assicurarsi un futuro in un mercato del lavoro in continua e rapida evoluzione. Come Osservatorio del lavoro Delta Index, sappiamo quanto questo sia un tema attuale, che crea apprensione nelle aziende, tanto da essere uno dei quattro pilastri della nostra misurazione (attrarre, selezionare, formare e trattenere) della distanza che c'è tra i giovani e il mondo del lavoro.

Se è difficile, talvolta, riconoscere il talento giovanile, altrettanto complicato, ma di fondamentale importanza, è trattenerlo, investendo in pratiche di fidelizzazione. La tendenza, lo racconta l'European Workforce Study 2025, condotto da Great Place to Work, è chiara: il 40% dei dipendenti italiani, Generazione Z in testa, intende cambiare lavoro entro l'anno.

I dati del report: Paesi a confronto, l'Italia è quello con meno stabilità lavorativa

I dati che emergono dall'European Workforce Study 2025, condotto a livello europeo da Great Place to Work, indagando le opinioni di quasi 25mila collaboratori dislocati in 19 Paesi, sono eloquenti: l'Italia, con il 40% di lavoratori che intendono cambiare impiego, è il Paese europeo più in difficoltà nel fidelizzare. Il 21% non sa ancora se cambierà. La media UE, di chi intende cambiare lavoro, è al 31%, lontana ben nove punti percentuali. Gli altri Paesi sopra la media sono Francia e Polonia (38%), Portogallo (37%), Irlanda (35%), Regno Unito, Grecia e Cipro (33%). Tra i Paesi con più stabilità lavorativa ci sono sono Norvegia, Paesi Bassi, Germania e Austria.

Altri dati del report: è la Generazione Z a voler cambiare di più

È la Generazione Z a registrare il tasso più alto di mobilità, 40% (e 25% in forse sul cambiamento). La propensione a cambiare lavoro diminuisce con l'avanzare dell'età.

Non c'è da stupirsi: il nostro osservatorio Delta Index ogni giorno rileva un mercato del lavoro sempre più in rapida evoluzione, con le aziende ancorate a vecchi paradigmi estremamente lontane da quello che cercano i giovani.

Per farci un'idea più chiara sul tema, abbiamo intervistato Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia:<<I giovani vogliono maggiormente cambiare lavoro perchè quell'appartenenza all'azienda che veniva data per scontata in passato, oggi c'è molto meno. Ma credo ci siano altre due motivazioni - commenta Bedusa -. Tempo fa, se una persona cambiava spesso lavoro veniva etichettata come diversa, mentre oggi è totalmente accettato. Inoltre ci sono delle aspettative più alte dei giovani nei confronti di manager e leader aziendali>>.

Le aziende sono veramente consapevoli dell'importanza di trattenere i giovani?

Una simulazione di Great Place to Work Italia mostra come un'azienda, con 100 dipendenti e un tasso di turnover del 10%, arrivi a sostenere fino a 200mila euro l'anno in costi indiretti. Le aziende sono consapevoli dell'importanza della talent retention? Secondo Gartner, per l'87% dei responsabili risorse umane il miglioramento della retention è una priorità per il 2025. L'Italia, rispetto alla media europea, ha una percentuale inferiore di dipendenti fidelizzati: 54% contro il 60%, occupando il sedicesimo posto su 19.

Le aziende hanno realmente una visione concreta di quelli che sono i fatti? <<Le aziende non calcolano il turnover, perdono una persona e ne assumono un'altra - racconta Beniamino Bedusa -. Non si chiedono quante persone hanno perso, il perchè o i soldi spesi. Il pensiero è che quella persona non fosse quella giusta. Il ragionamento non considera le persone che sono uscite, i costi e come reinvestire del denaro per non perdere altra gente. Questo approccio lo vedo molto poco perchè significa mettersi in discussione, ammettere di aver sbagliato. Le aziende reagiscono: esce uno ed entra uno. Non è però un tema di reazione, ma di pianificazione>>.

Il paradigma, da rovesciare, di come investire per aumentare la fidelizzazione

Gli investimenti per la fidelizzazione non sono sempre eseguiti nel modo giusto:<<Le aziende, più che capire come trattenere i giovani, devono capire come trasformarsi per essere un buon posto per giovani. E non c'è una ricetta unica, ogni business ha caratteristiche e necessità diverse - spiega il presidente di Great Place to Work Italia -. Quando le aziende dicono di investire sulla fidelizzazione, di solito c'è dietro l'investimento economico, pagare di più, ma non è così. Nessuno mette in discussione l'importanza del lato economico, ma non è quello. Ci sono tanti temi e il principale è quello dei responsabili. Devono gestire l'organizzazione con competenza, ricercando nei dipendenti interesse, suggerimenti, idee e prendendole in considerazione. Devono comportarsi in maniera onesta, devono dare il tempo di capire al dipendente cosa sta facendo e quale sia il suo impatto sul lavoro. Oltre al responsabile, contano le modalità di lavoro. C'è difficoltà nell'avere il modello ibrido>>.

I temi sul tavolo

Se ogni azienda deve creare il proprio ambiente, coerente con il modo di essere e con le necessità di quel tipo di business, ci sono degli elementi base particolarmente importanti: il lavoro ibrido, la possibilità di avere un equilibrio tra vita e lavoro, avere un responsabile che ascolti il dipendente, che stia attento anche alla vita personale, ma che sia competente, un ambiente sano dal punto di vista psicologico, una leadership che il dipendente possa apprezzare e in cui si possa rispecchiare.

Lavoro ibrido 

Come Delta Index, siamo perfettamente a conoscenza di come il lavoro ibrido s'incastri con il nuovo modo di vivere il mondo del lavoro da parte dei giovani: non vivono più per lavorare, ma ricercano un bilanciamento tra impiego e vita e la modalità ibrida dà questa possibilità.

Dall'European Workforce Study 2025 emerge come questa modalità di lavoro trovi maggior sperimentazione in ambienti dove c'è fiducia nella leadership e, quando il dipendente ha possibilità di scelta, il 57% sceglie di lavorare un po' in sede e un po' a casa. Il 50% di chi lavora in modalità ibrida è contento del posto di lavoro in cui si trova, contro il 44% di chi lavora in sede e il 37% di chi lavora a distanza. Il lavoro ibrido, oltre ad aumentare la fidelizzazione, porta anche a una maggior possibilità di innovazione, a migliori risultati di business, a una maggior soddisfazione dei dipendenti. In Italia è poco considerato, solo il 36% decide dove lavorare (contro il 57% dei Paesi Bassi).

<<C'è molta difficoltà ad avere una modalità ibrida di lavoro per le aziende, ma è un elemento chiave. Oggi le aziende subiscono lo smartworking, pensano 'Lo devo fare perchè me lo chiedono' - spiega Beniamino Bedusa -. L'obiettivo è farlo in maniera gestita, con una visione di lungo termine, perchè conviene anche all'azienda che, così facendo, riesce ad aumentare il potere d'acquisto dei dipendenti senza dar loro un aumento, perchè può lavorare per obiettivi e non per controllo, perchè può costruire un'azienda basata sulla fiducia e sul controllo del raggiungimento degli obiettivi a livello aziendale>>.

Il divario di prossimità

Meno di un leader su due coinvolge i dipendenti nel processo decisionale o ne accoglie suggerimenti. L'Italia, come sempre in queste classifiche, è al minimo in questo e, al contempo, è il Paese in cui i leader sovrastimano maggiormente le capacità di prossimità. Chi riduce sempre più il divario tra boss e dipendenti migliora le prestazioni complessive, la soddisfazione e la fidelizzazione.

<<Non c'è più il tema del 'Ringrazia Dio che hai un lavoro'. Il dipendente deve vedere che il lavoro ha un significato per lui, deve capire il proprio ruolo nell'azienda e come questa impatta sul territorio. Se capisce questo, può dare un valore al lavoro e pensare di rimanere. Mettere una persona a fare un impiego base e, negli anni, piano piano, si costruisce una posizione, è un'ottica che funzionava vent'anni fa, ma non oggi. Il mercato del lavoro è più dinamico e trasparente. È tutto più facile e lo è anche cambiare lavoro, capire chi cerca lavoro, capire quanto guadagnino gli altri>> commenta Bedusa.

Quanto incide la sicurezza psicologica sul posto di lavoro

In Italia solo il 38% (dato più basso di tutti) crede che il posto di lavoro sia psicologicamente ed emotivamente sano. La sicurezza psicologica favorisce risultati migliori, portando dipendenti a sviluppare più volentieri nuove idee. Beniamino Bedusa ci racconta di quanto sia un tema importante, di cui tenere conto sempre più.

<<È uno dei driver che guida tutta l'esperienza lavorativa. Abbiamo notato, dalle nostre analisi statistiche, che da dopo il Covid la salute psicologica è più importante del divertimento e della serenità. È un tema molto critico dove anche le aziende migliori faticano. Succede perchè ci sono vari temi che pongono stress all'organizzazione, e quindi alle persone, minando la salute psicologica. Ci sono aziende che riescono a costruire delle microcomunità, schermando da quello che succede al di fuori, proteggendo, creando all'interno un sistema di valori condiviso, positivo, che fa sì che il dipendente sia inconsapevole e quindi anche più tranquillo. Succede nelle aziende che funzionano veramente bene, ma è difficile. Se ci riesci, hai fatto qualcosa di importante e le persone stanno molto meglio. Se le lasci subire i bombardamenti dall'esterno e, in più, magari non c'è un capo che aiuta e l'azienda non viene incontro, il dipendente va in crisi. Immaginiamo in un Paese come l'Italia che ha dei punti critici, a cominciare da quello dei salari. C'è un problema strutturale, non è solo quel che deve fare l'azienda>>.

L'AI e la formazione 

La formazione è uno dei quattro pilastri dell'analisi dell'Osservatorio Delta Index. Da sempre raccontiamo quanto questo sia un tema su cui le aziende devono spingere maggiormente, perchè i giovani d'oggi vogliono crescere e imparare costantemente.

In questo ha un ruolo anche l'IA: tra le aziende pronte per l'introduzione dell'intelligenza artificiale, il 73% dei dipendenti ritiene di avere opportunità di formazione e sviluppo, contro solo il 41% nelle aziende non pronte ad accogliere l'intelligenza artificiale. Appare chiaro come sia importante un investimento in questo senso.

<<In Italia non è che vengano fatte poche ore di formazione, ma non è una formazione coerente con le aspettative dei dipendenti - racconta Bedusa -. Sicuramente l'utilizzo dell'intelligenza artificiale può migliorare l'approccio sulla formazione, ma non si tratta solo di fare formazione sull'IA, ma anche capire di cosa le persone hanno bisogno, cosa vorrebbero fare, cosa le può aiutare a migliorare performance e approccio lavorativo. Non sono solo cose tecniche, ma anche soft come la gestione dello stress, del tempo, dei rapporti conflittuali. Sono tanti aspetti che possono migliorare l'approccio dei dipendenti. Vedo un arretramento molto molto forte. La formazione viene fatta, ma con molto focus su quella obbligatoria o ipertecnica. Non ci sono solo queste due cose>>.

L'importanza dei valori condivisi con l'azienda

Tra i vari temi legati al 'trattenere', Delta Index sa quanto la Generazione Z sia molto più attenta a temi ambientali e sociali e vuole operare in aziende che condividano l'impegno per le stesse cause. L'European Workforce Study 2025 ci pone uno scenario in cui è evidente che si faccia ancora poco in questo senso: solo il 48% della forza lavoro ritiene che le decisioni della propria organizzazione vadano a beneficio della società e dell'ambiente.

<<Non è che l'azienda debba cambiare il mondo, bastano piccoli gesti. Il dipendente vuol vedere di essere in un contesto che non guarda solo a sè stesso o al profitto. Il giovane vuol vedere che il posto in cui lavora impatta positivamente sul territorio e non crei danni all'ambiente. È un elemento importantissimo. Non si tratta di fare il bilancio di sostenibilità, ma azioni concrete>> commenta Beniamino Bedusa.

La lontananza della leadership e il tema dell'ascolto

Perchè tra i giovani e la leadership c'è questa grande lontananza? <<C'è un gap multigenerazionale. L'età media del Ceo in Italia, fonte Il sole 24 ore, è di 61 anni. E poi c'è un tema di bassissima cultura dell'ascolto delle persone - spiega il presidente di Great Place to Work Italia -. Non si ascoltano otto persone su 300, ma tutti e va stratificato per età. Dopo aver ascoltato, però, devo fare qualcosa. Le persone vanno ascoltate continuamente, in maniera anonima e confidenziale. I dati vanno analizzati, vedo i punti di forza e debolezza, poi agisco>>.

Conclusione 

I dati sono allarmanti e pongono alle aziende una sfida. Se è fondamentale investire per combatterla, lo è anche avere la giusta percezione della situazione e di quel che serva per invertire la rotta. Se conoscete i quattro capisaldi della nostra analisi, vi sarete già chiesti:<<Se seleziono meglio i dipendenti riduco il turnover?>>, sappiate che l'abbiamo chiesto a Bedusa, ci abbiamo pensato anche noi, e questa è la risposta:<<Più che scegliere bene i giovani, si tratta di sceglierli coerenti con la cultura aziendale, quello che l'organizzazione lavorativa offre. L'azienda non deve raccontarsi meravigliosa se non lo è, ma vendere ciò che è. Sarà magari meno attrattiva, ma chi entra lo sa subito e rimarrà più a lungo>>. I giovani d'oggi sono i leader di domani, le aziende non possono far altro che implementare quel che serve per evitare che scappino.